Nella nostra pratica clinica si ascoltano sempre più pazienti che, dopo un periodo di utilizzo di farmaci prosessuali ( Viagra, Cialis, Levitra, Spedra, Priligy e simili), anche breve, ne lamentano l’inefficacia, ammesso che la chimica abbia mai sortito gli effetti desiderati. La prescrizione medica viene ancora fatta, in tantissimi casi, senza aver suggerito ai pazienti una più completa valutazione degli aspetti psicologici e relazionali del problema, anche in assenza di oggettive patologie organiche o di conseguenze legate a interventi chirurgici a carico dell’apparato urogenitale. Si tratta, spesso, di soggetti ancora giovani, dai 30 ai 40-45 anni, frettolosamente orientati verso l’assunzione di sostanze per curare un disturbo dell’erezione, o che soffrono di eiaculazione precoce. La prescrizione si rivela una scorciatoia, che prima o poi mostrerà i suoi limiti. Dipendere per sempre da un farmaco, non esente da effetti collaterali, anche quando sarebbero possibili altre soluzioni terapeutiche, cambia definitivamente la propria vita sessuale e di coppia. Il pensiero si concentra sulla prestazione e, nel tempo, non è esente da corto-circuiti sul desiderio sessuale di entrambi i partner e sulla possibilità, spesso irrimediabile, di cronicizzare il disturbo. Va detto, altresì, che in molti casi questi farmaci sono assunti all’insaputa della partner, e ciò rende ancora più complicata la questione.